(CAVALIERI MARVEL)
N° 115
LA VIA DEL GUERRIERO
1.
La
ragazza dai capelli biondi ha dei segreti che preferirebbe rimanessero tali,
segreti che se fossero scoperti segnerebbero la sua rovina professionale e non
solo.
La
ragazza è una poliziotta. È stata agente di pattuglia e conosceva bene le
strade del suo distretto ma questo non bastò a salvarla quando una banda di
teppisti la aggredì e la pestò a sangue trascinandola in un vicolo con
l’intenzione di stuprarla e poi ucciderla. Se non è accaduto è stato per
l’intervento di una vigilante in costume che, armata di una spada giapponese,
squartò letteralmente i suoi aggressori per poi chiamare i soccorsi.
Il
nome della poliziotta è Rachel Thompson e dopo quell’episodio è stata promossa
detective. Quanto alla vigilante che l’ha salvata, in questo momento è seduta
su una poltrona del salotto nell’appartamento di Rachel ed il suo nome è…
-Shi? Cosa ci fai qui?-
Alla
domanda di Rachel la giovane donna nel succinto costume rosso e blu risponde
con voce quieta:
-Informazioni. Mi serve sapere tutto ciò che la
Polizia ed i Federali hanno sulla penetrazione della Yakuza[1] a
New York. Tu sei nella divisione che si occupa di crimine organizzato, puoi
accedere a quelle informazioni e passarmele.-
-Perché dovrei farlo?- ribatte Rachel -Io sono
una poliziotta e tu una vigilante assassina. Il mio compito sarebbe arrestarti,
qui e adesso.-
-Ma non lo farai.- replica Shi alzandosi dalla
poltrona -Non lo farai perché sai benissimo che senza di me oggi saresti solo
un cadavere in una bara ed il tuo nome sarebbe scritto nella targa che ricorda
gli agenti caduti in servizio all’ingresso del Quartier Generale della Polizia.
Se hai un briciolo di onore, cosa che spesso manca a voi occidentali, mi
aiuterai, anche perché sai bene che io posso fare cose che alle autorità
ufficiali è vietato. Non è la stessa cosa che volevano certi tuoi amici?-
Lei
sa, pensa Rachel con un tuffo al cuore. Lei sa.
-Io… ci penserò.- dice infine.
-Tornerò domani sera ed in un modo o nell’altro
avrò le mie risposte.-
Detto questo Shi balza
oltre la finestra e con una serie di acrobazie si dilegua nella notte mentre
Rachel Thompson rimane semplicemente a guardare per qualche istante per poi
prendere il telefono e fare una chiamata:
-Sono io. Dobbiamo parlare.-
Nel
paradiso tropicale chiamato Santa Providencia due uomini, di cui uno di colore
e l’altro indio o più probabilmente meticcio, ed una donna dai capelli rossi
camminano verso un bungalow sulla spiaggia quando, improvvisamente, la donna
grida:
-Attenti!-
Da
una finestra del bungalow è appena spuntata la canna di un fucile ma
l’avvertimento lanciato dalla donna fa sì che i tre si gettino a terra in tempo
perché le pallottole passino fischiando sopra le loro teste senza colpirli.
-Quel-maldito
hijo de puta voleva uccidermi!- grida il meticcio, in un misto di Inglese e
Spagnolo dalla cadenza messicana -Lo faccio a pezzi!-
Con un grido rabbioso l’uomo si rialza in
piedi e si lancia di corsa verso il bungalow brandendo un machete.
-Carlos, aspetta! Ti farai ammazzare!- gli urla
la donna ma lui non la ascolta.
Il sole sorge su New
York e come ogni giorno da non ricorda più quanto tempo, la donna di nome Elektra
Natchios si sveglia, si alza dal letto e dopo una serie di esercizi di
stretching si reca in bagno dove fa una lunga doccia alternando getti di acqua
calda e fredda. Infine, indossata una vestaglia, si reca in cucina. Non è
troppo sorpresa di trovarci i suoi ospiti: un uomo attraente e ben piantato che
dimostra poco più di trent’anni dai corti capelli neri e penetranti occhi
azzurri ed una donna, forse un po’ più giovane, dai capelli corvini lunghi e
ricci e gli occhi scuri.
-Vedo che anche gli agenti del Mossad[2]
sono mattinieri.- commenta Elektra.
-Merito del nostro addestramento.- minimizza
l’uomo -Siamo abituati a dormire solo lo stretto indispensabile. Mentre
aspettavamo ho preparato il caffè in perfetto stile russo: nero come la notte,
forte come l’amore e caldo come l’Inferno, spero che ti piaccia.-
-Citi Bakunin. Sei pieno di sorprese Yosev
Tov.-
-Ho studiato.- è la replica ironica poi
l’israeliano aggiunge in tono più serio -Hai pensato a cosa fare con William
Rawlins?-
-Lo ucciderò, naturalmente.- risponde Elektra
con voce tranquilla -Pezzo grosso della C.I.A. o meno, non ha importanza: mi ha
usato per i suoi sporchi giochi e poi ha cercato di farmi uccidere per
proteggere i suoi segreti. Non tollero il tradimento e lo ripago con la stessa
moneta.-
-È anche la nostra missione… anche se non
ufficialmente, è ovvio.- interviene la donna il cui nome è Rose Kugel
-Dopotutto la C.I.A. non gradirebbe sapere che il Kidon[3] è
sulle tracce di uno dei suoi dirigenti anche se quell’uomo ha passato informazioni
ad un terrorista arabo permettendogli di agire sul suolo d’Israele.-[4]
-Cosa che ovviamente non possiamo tollerare.-
puntualizza Tov.
-E allora quando agiremo?- replica Rose -Siamo
qui da giorni. Senza far niente.-
-Il buon cacciatore sa aspettare il momento
giusto lasciando che la sua preda si culli in un falso senso di sicurezza per
poi colpirà quando meno se lo aspetta.- ribatte Tov -Quel momento arriverà
presto, sei d’accordo Elektra?-
-Assolutamente.- risponde la ninja greca
-William Rawlins può credersi al sicuro ma morirà quando io lo deciderò.-
2.
L’uomo di nome Carlos
corre come impazzito e deve essere la fortuna dei pazzi a far sì che il secondo
proiettile non lo colpisca. Subito dopo si ode una seconda serie di spari alle
sue spalle ma non sono diretti a lui, anzi, l’intento di Rufus Carter è di
proteggere la sua avanzata.
-Quell’idiota sta cercando di farsi ammazzare.-
borbotta Rufus alzandosi in piedi -Io gli vado dietro, tu coprimi.-
-Col cavolo!- replica la sua collega Kathryn
O’Brien -Io vengo con te.-
Rufus sospira. Non ha
il tempo di discutere e comunque sa già che non servirebbe.
-Ok, tu vai a destra, io a sinistra. Con un po’
di fortuna il tuo amichetto terrà il nostro uomo impegnato abbastanza perché
noi lo si possa sorprendere alle spalle prima che se ne accorga.-
Senza
aggiungere altro, Rufus scatta nella direzione convenuta e Kathryn fa lo stesso
dalla sua parte.
Il
posto è uno studio professionale. Un uomo è seduto dietro una scrivania ed
osserva con occhi attenti l’uomo e le due donne seduti davanti a lui.
-Dunque, Detective Thompson, vuole gentilmente spiegare
perché ha richiesto questa riunione del nostro piccolo comitato?- dice infine.
Rachel
Thompson racconta della visita di Shi nel suo appartamento ed infine conclude
dicendo:
-Sono convinta che, non so come, ma Shi sa di
noi ed ho ritenuto giusto informarvi immediatamente, Dottor Timmons.
Il
Dottor Stephen Timmons, illustre criminologo, rigira una penna tra le dita e
con molta calma replica:
-Ammetto che la riapparizione di Shi dopo tanto
tempo mi ha colto di sorpresa, ma, dopotutto, questa misteriosa vigilante
persegue il nostro stesso scopo: l’eradicazione del crimine da New York con
mezzi drastici, quindi ritengo che lei possa assecondarla e darle le informazioni
che desidera, Miss Thompson. Ma sentiamo anche il parere degli altri. Miss
Avery?-
Christina
Avery, bionda ed elegante anchorwoman della WFSK, si schiarisce la voce e
risponde:
-Penso anch’io che sia una buona mossa. Se Shi
è di nuovo in guerra con la Yakuza non farà altro che portare avanti
inconsapevolmente i nostri piani.-
-Tutto molto giusto…- interviene l’unico altro
uomo presente, magro, stempiato, barba ed occhiali, il classico tipo del
professore, cosa che in effetti è -… tuttavia io ho un timore.-
-Dica pure, Professor Lifschultz.- lo esorta
Timmons.
-Mi pare di ricordare che in passato Shi avesse
stabilito una sorta di legame con i Detective La Bianca e Denyse. Se dovesse
scoprire che è stata la Detective Thompson a passare la soffiata che ha
consentito l’agguato al Detective Denyse, che si stava avvicinando troppo a…
smascherare le nostre attività...-
-Se lo sapesse già, Shi non avrebbe chiesto
l’aiuto della nostra Rachel, ma l’avrebbe uccisa. Se mai dovesse scoprirlo in
futuro e decidesse di prenderci a bersaglio, allora saremo costretti ad
eliminarla.-
Azuma
Gōda è giovane ma si è già guadagnato una posizione di prestigio nella
Yakuza, è già un Oyabun[5] e
per quanto possa provare ammirazione per la donna chiamata Shi, non può permetterle
di continuare ad interferire con i suoi affari. Ne va del suo prestigio e per
quelli come lui la perdita del prestigio e dell’onore è peggio della morte.
Si
rivolge agli uomini e donne davanti a lui in tono perentorio:
-Voglio la donna di nome Shi. Portatemela qui.
Viva se potete, altrimenti portatemi la sua testa.-
3.
Il
nome dell’uomo è Stewart Carter, è bianco e non è imparentato con
l’afroamericano con la benda nera sull’occhio sinistro che vuole snidarlo dal
suo rifugio. Si tratta di una di quelle coincidenze che nella vita reale
accadono più spesso di quanto si creda.
Stewart Carter era il
capo della polizia di una piccola cittadina dell’Alabama. In apparenza era un
irreprensibile tutore della Legge ma sotto quella facciata era marcio fino al
midollo. Non solo era impelagato in traffici poco puliti, ma era anche un
violento che sfogava le sue pulsioni con i prigionieri ed in famiglia. È anche
follemente infatuato della figlia Sally-Anne che ha violentato ripetutamente
fin da quando lei aveva 12 anni e quando lei, esasperata, è scappata di casa,
Stewart l’ha inseguita deciso a riprendersela. Per riuscirci ha ucciso,
rapinato e compiuto molti altri atti contrari a quella legge che aveva giurato
di difendere. Si è bruciato tutti i ponti alle spalle e si è rifugiato nel
paradiso dei fuorilegge in fuga chiamato Santa Providencia ma ha commesso un
errore: assieme a sua figlia Sally-Anne ha rapito anche Carmen, la figlia di
Gilberto Alcantara, boss di uno dei più potenti cartelli messicani del narcotraffico
e Gilberto Alcantara non è il tipo da lasciar cadere un’offesa simile. Ecco
perché un massiccio messicano con una certa rassomiglianza con l’attore Danny
Trejo sta percuotendo la porta del suo bungalow a colpi di machete.
-Te lo avevo detto che non saresti sfuggito a
mio padre dovunque ti fossi rifugiato.- gli dice Carmen Alcantara legata ad una
sedia.
-Sta zitta troia!- replica duro Stewart -Ora
vedrai come lo sistemo il tuo amico.-
Punta
il suo fucile automatico verso la porta, lo dispone in modalità raffica e
stringe il dito sul grilletto. Prima che possa sparare, però, una finestra si
infrange alle sue spalle e qualcuno piomba all’interno del bungalow.
La
Galleria Oike si trova nel centro di Manhattan ed è specializzata nell’arte
giapponese. La direttrice, l’euroasiatica Ana Ishikawa, sta conversando con la
sua amica e collaboratrice Tomoe Gozan quando improvvisamente sulla sua faccia
si dipinge un’espressione di stupore.
-Che succede?- le chiede Tomoe.
-Non indovinerai mai chi è appena entrato e si
sta dirigendo verso di noi.- risponde Ana.
La
giovane giapponese si volta e vede un giovanotto elegante seguito a poca
distanza da due altri uomini, chiaramente guardie del corpo. Tutti giapponesi.
-Azuma Gōda… qui.- sussurra Tomoe.
-Calma.- replica Ana nello stesso tono -Quasi
certamente è solo una semplice coincidenza.-
Azuma
Gōda si ferma davanti alle due giovani donne e sfodera un sorriso cordiale
dicendo:
-Buongiorno, gentili signorine. Una di voi è
per caso la Direttrice che mi hanno detto all’ingresso che avrei potuto trovare
qui?-
-Sono io.- risponde Ana in Giapponese -Mi
chiamo Ana Ishikawa. In cosa posso esserle utile?-
-Mi chiamo Azuma Gōda e mi trovo qui a New
York per affari. Poiché sono un appassionato di arte antica del nostro Paese, mi
hanno segnalato questa galleria come un posto dove si possono trovare cose
interessanti.-
-Potrei avere delle cose interessanti da
mostrarle, in effetti, se è disposto a spendere.-
-Il prezzo è l’ultimo dei problemi. Se la merce
è davvero di valore, non lo discuto mai. Intanto, però, vorrebbe presentarmi la
sua amica?-
-Ma certo. Gōda-San le presento la mia
assistente Tomoe Gozan.-
-Oh, come la più famosa Onna-bugeisha [6] della storia
giapponese.-
-Quella era Tomoe Gozen a dire il vero ed io
purtroppo non sono alla sua altezza.- si schermisce Tomoe.
-Quanto a bellezza, credo che le sia
addirittura superiore, Gozan-san.- replica Azuma Gōda con un sorriso.
-Se vuol seguirmi, Gōda-chan…- interviene
Ana -… le mostrerò alcune perle delle nostre collezioni che potrebbero
interessarla.-
-Molto volentieri, sono qui per questo.-
Mentre
percorrono un corridoio Azuma parla di nuovo:
-Ishikawa…mi è appena venuto in mente che
alcuni anni fa ho conosciuto un anziano monaco Sohei che mi ha fatto per
qualche tempo da istruttore nelle antiche arti marziali del suo ordine.-
-Era…era mio nonno.- replica, sorpresa, Ana.
-Davvero? Non sapevo che avesse avuto figli e
men che meno nipoti. Era un uomo severo ed inflessibile ma un ottimo
insegnante, ma sicuramente lei lo saprà meglio di me, Ishikawa-san.-
Ana
non replica. Nella mezz’ora che segue mostra ad Azuma Gōda alcuni dei
pezzi esposti e lui fa degli acquisti. Quando è andato via Ana si rivolge a
Tomoe in tono preoccupato:
-Forse mi sbagliavo, forse la sua visita non è
stata una coincidenza. Dobbiamo essere preparate al peggio.-
-Lo sono sempre.- replica, cupa, Tomoe.
Rufus
Carter piomba all’interno del bungalow rotolando sul pavimento. Non ha più
l’età per cose di questo genere si dice, mentre, smentendo se stesso, si rimette
in piedi con uno scatto che farebbe invidia ad un ventenne.
Stewart
Carter si è girato di scatto ed ora gli punta contro il fucile ma è bloccato
per qualche istante di troppo dalla sorpresa. Rufus ne approfitta e salta
sferrandogli un calcio che gli fa saltare l’arma di mano. Un altro calcio
rotante al mento lo spedisce sul pavimento.
Proprio
in quel momento la porta del bungalow cede sotto i colpi del machete di Carlos.
-Sei mio, gringo!- grida il Messicano.
Stewart allunga la
destra tentando di recuperare la sua arma ma il tacco di uno stivale si pianta
spietatamente sulla sua mano strappandogli un grido. Lui alza la testa e si
trova davanti la canna di una pistola impugnata a due mani da una donna dai
capelli rossi.
-Non muoverti o ti apro un bel buco in fronte.-
gli intima Kathryn O’Brien -Anzi, quasi quasi lo faccio lo stesso.-
-No, lui è mio, l’ho detto.- interviene Carlos
-Ucciderlo e staccargli la testa tocca a me.-
Intanto
Rufus ha liberato le ragazze e Sally-Anne gli butta le braccia al collo.
-Sapevo che saresti venuto a salvarmi.- gli
dice.
-Questa è la seconda volta che mi costringi a
recitare la parte del cavaliere nella scintillante armatura. Fai in modo che
non ce ne sia una terza.- replica burberamente Rufus stringendola a sé.
-Promesso.-
-Ora vieni. Qui stanno per accedere cose che
non devi vedere.-
Sally-Anne
guarda Il padre poi di nuovo Rufus. Non dice niente ed affonda il viso nel
petto del nero
-Io rimango.- afferma, decisa, Carmen
Alcantara.
-Come ti pare.- replica Rufus poi si rivolge a
Carlos -Quando hai finito, venite dove sai.-
-Tranquillo, jefe.-[7] risponde quest’ultimo.
-Volete lasciarmi con questo… questo
selvaggio?- strilla Stewart -Non potete!-
-Non ho alcuna pietà per quelli come te.-
replica Rufus.
-Ed io nemmeno.- aggiunge Kathryn -Sono quasi
tentata di rimanere anch’io ad assistere allo spettacolo.-
-Sally-Anne…- piagnucola Stewart.
La
ragazzina guarda il padre poi alza lo sguardo verso Rufus e mormora:
-Rufus…-
-Non c’è nulla che possiamo fare tu ed io.-
risponde lui -Tuo padre ha segnato il suo destino quando ha rapito Carmen. Ora
vieni con me.-
Sally-Anne
si lascia portar via ed è già abbastanza lontana quando dal bungalow esce il
primo urlo di suo padre.
4.
La
notte cala le sue ombre su New York e nelle ombre si muovono strane figure di
certo non animate da buone intenzioni.
Scivolano
silenziose di tetto in tetto come animali in cerca di preda finché non
raggiungono il loro obiettivo: un appartamento di Manhattan. Con l’agilità di
un gatto raggiungono un terrazzo. Con disarmante facilità uno di loro apre la
porta finestra ed entra nella camera da letto e si avvicina circospetto a
quella che sembra una figura addormentata sotto le coperte. Solleva un pugnale
e vibra un paio di fendenti incontrando qualcosa di troppo morbido e senza che
esca sangue.
Con
rabbia mista a stupore l’intruso solleva le coperte per trovare solo dei
cuscini.
-Siamo stati ingannati.- dice in Giapponese.
Alle
sue spalle risuona una voce femminile che si esprime nella stessa lingua:
-La donna che cercate non è più qui, ci sono io
al suo posto.-
L’intruso
si volta e vede ciò che i suoi compagni hanno già visto: sul terrazzo ora c’è
una donna che veste un succinto costume rosso e blu ed impugna una naginata. La
riconosce immediatamente ed esclama:
-Shi!-
A
Londra, e precisamente nella zona denominata Vauxhall Cross, sorge un palazzo
molto caratteristico, pressoché unico nel suo genere: è completamente bianco e
nella forma ricorda una ziqqurat babilonese costruita con i mattoncini Lego. È
la sede ufficiale del Secret Intelligence Service, noto anche con la sigla MI6,
il servizio di spionaggio all’estero del Regno Unito. Il suo capo attuale si
chiama York Mitchell, Yorkie per gli amici, ed è nel suo ufficio che, di buon
mattino, entra, trafelata, la sua segreteria.
-Che succede, Eve?- le chiede Mitchell.
-Mi scusi, Signore, volevo informarla che Clive
Reston è scomparso.- dice la donna dai capelli neri.
-In che senso, scomparso?-
-Da ieri nessuno lo ha più visto, nemmeno in
ospedale a trovare la moglie, il suo cellulare è spento ed il GPS disattivato -
-Uhm. Avete controllato gli aeroporti?-
-Ci ho pensato io.- interviene un giovanotto
biondo con gli occhiali appena entrato nell’ufficio.
-Mi faccia indovinare, Charles: Reston ha preso
un volo per Hong Kong.-
-Esatto, Signore, ma come..?-
-Quel giovanotto è sempre stato un impulsivo.-
risponde Mitchell sorridendo -Era abbastanza prevedibile che avrebbe cercato
una vendetta privata. In questo è molto simile a suo padre.-
-Che facciamo adesso, Signore?-
-A questo punto non c’è più molto che possiamo
fare, direi. Lei, Charles, avverta sua sorella a Hong Kong che Reston è da
quelle parti e lei, Eve, allerti i ragazzi di Sir Denis Nayland Smith. Il mio
istinto mi dice che presto ci sarà bisogno di loro.-
A
Santa Providencia è ancora notte e la giovane Sally-Ann Carter finalmente
dorme. Rufus Carter, e è rimasto a vegliarla finché non si è addormentata ed
ora lascia silenziosamente la sua stanza. Fuori c’è Kathryn O’Brien.
-Come sta?- gli chiede.
-Bene, considerando quello che ha passato.-
risponde Rufus -Non dimenticherà mai ma imparerà ad accettarlo… almeno spero.-
-Che intendi fare con lei?-
Rufus
si prende del tempo prima di rispondere:
-Non le è rimasto nessuno e non me la sento di
scaricarla ad un orfanatrofio, quindi immagino che dovrò occuparmene io.-
-Lo dicevo che ha l’istinto del padre.-
-Non prendermi in giro adesso.-
-Sono serissima. Mi piacerebbe avere il tuo
coraggio. Se vuoi davvero farlo, una volta tornati a New York conosco un
avvocato in gamba che potrebbe aiutarti.-
-Ci penserò ma ora voglio solo lasciarmi alle
spalle quel che è successo. Non vedo l’ora che sia domani per lasciare
quest’isola.-
-Se ancora non hai sonno, potrei farti
compagnia. Non ho davvero voglia di restare sola stanotte.-
- Rufus
la fissa e fa un lieve sogghigno.
-Sei sempre così esplicita con gli uomini?- le
chiede.
-Solo con quelli che hanno bisogno di
incoraggiamento.- risponde Kathryn -Allora… nella tua stanza o nella mia?-
5.
I ninja, perché di
questo si tratta, si muovono veloci circondando Shi e sfoderando le loro katane
che sono più lunghe della sua naginata da donna ma hanno fatto i conti senza la
sua velocità.
Shi
salta sopra le loro teste evitando i loro fendenti poi ricade in mezzo a loro
mulinando la sua lama ed affondandola nel ventre dei due a lei più vicini. Con
la stessa lama para il fendente di un altro avversario allontanandolo poi con
un calcio.
Ora
i ninja sono rimasti in tre e si muovono in semicerchio attorno a lei cercando
un punto scoperto della sua guardia dove attaccare.
Shi
socchiude gli occhi e sgombra la mente da ogni altro pensiero che non sia la
battaglia poi lancia un grido ed attacca.
Passano
secondi, minuti o ore, lei stessa non saprebbe dirlo con sicurezza in questo
momento, ma alla fine si ritrova sola . Dei suoi avversari rimangono solo delle
tuniche rosse da cui si sollevano fili di fumo.
-La Mano.- borbotta la ragazza. -Mandane pure
altri Azuma Gōda, li accoglierò come questi.-
Da
un tetto vicino qualcuno ha osservato l’intero combattimento.
-Che ne pensi?- chiede un uomo in Giapponese.
-Che è molto in gamba, dotata di una tecnica
notevole.- risponde una donna nella stessa lingua -Quando toccherà a noi
affrontarla dovremo stare molto attenti se vorremo vincere.-
-Brava. Bisogna sempre non sottovalutare
l’avversario ed avere rispetto per la sua abilità. Shi è un’avversaria di
grande valore ma noi saremo migliori di lei e la sconfiggeremo.-
Nel
suo studio Azuma Gōda riflette: l’attacco dei ninja della Mano ha
confermato i suoi sospetti. Sapeva che Masahiro Akashi aveva avuto rapporti con
Ana Ishikawa e non gli ci era voluto molto per scoprire che, anche se americana
per parte di madre, era la nipote del suo antico maestro e che suo padre era
stato ucciso proprio da Akashi. Ana Ishikawa era la candidata perfetta per
essere Shi e lui era andato alla sua galleria proprio per tastare il terreno
personalmente. Tutto è cambiato quando ha incontrato Tomoe Gozan, la stessa
Tomoe Gozan che è stata leader di una squadra di ninja oggi tutti morti, tranne
lei, la stessa che è stata educata alle arti marziali dei Monaci di Nara rivali
dei Sohei a cui apparteneva il nonno di Ana; e proprio con lo stile di Nara si
è battuta la Shi che lui ha incontrato.
Ora
Azuma Gōda non ha più dubbi: Tomoe Gozan è Shi e presto sarà sua.
CONTINUA
NOTE DELL’AUTORE
Poche ma essenziali
note.
1)
Mikhail
Aleksandrovitch Bakunin (1814-1876) è stato, come ben sa il mio colto
supervisore, uno dei più famosi ed influenti rivoluzionari russi del XIX
Secolo, fondatore dell’Anarchismo Collettivista e della tradizione del
cosiddetto anarchismo sociale. Il suo aforisma sul caffè è diventato popolare
in tutto il mondo.
2)
Il
Dottor Stephen Timmons, la giornalista televisiva Christina Avery ed il
Professor Lifschultz sono tutte creazioni di Billy Tucci con Peter Gutierrez.
Di mio ho aggiunto solo il suo essere un’anchorwoman della WFSK.
3)
Anche
il fatto che Azuma Gōda abbia studiato arti marziali con il nonno paterno
di Ana Ishikawa è un’aggiunta mia ovviamente.
4)
Per
semplicità e non confondere troppo l’eventuale lettore nei dialoghi alla
galleria ho lasciato i nomi giapponesi nella sequenza occidentale usata
comunemente dai giapponesi all’estero che vede il nome proprio prima del
cognome e non, come sarebbe stato più corretto in un dialogo tra giapponesi,
anteponendo il cognome al nome.
Nel prossimo episodio:
prosegue la saga di Shi e ritornano vecchi personaggi.
Carlo
[1] Il crimine organizzato giapponese.
[2] Istituto in Ebraico moderno. Modo breve per HaMossad leModiʿin uleTafkidim Meyuḥadim ovvero: Istituto per l'intelligence e servizi speciali. L’agenzia di spionaggio esterno dello Stato d’Israele.
[3] Sezione del Mossad che ha il compito di eliminare fisicamente i nemici dello Stato d’Israele ovunque si trovino.
[4] Vedi n. 105,
[5] l’equivalente del Padrino nella Yakuza
[6] Letteralmente: Artista marziale femminile: nome con cui erano indicate le donne guerriere nel Giappone Medioevale
[7] Capo in Spagnolo.